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LA GRANDE PAUSA

In questo periodo storico di spavento e cambiamento, la pausa è un momento che va vissuto, analizzato e condiviso.

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...tempo perduto...

Nel corso degli eventi drammatici che l’umanità ha dovuto affrontare: guerre, pandemie, terremoti, cicloni, maremoti, siccità, carestie; le più penalizzate sono sempre state le fasce deboli cioè bambini, anziani e disabili.

In questo periodo che stiamo vivendo, pur essendo fortunati perché nati nella parte “ giusta” del pianeta, avendo un tetto sulla testa , sicurezza economica,famiglia, c’è qualcosa che agita il cuore e la mente. Quando in famiglia c’è un disabile grave, malato di Alzheimer, che viene assistito, per scelta consapevole, in casa è difficile “godere” del rallentamento dei ritmi che la situazione attuale impone. Per questa malattia non esistono rimedi farmacologici validi,anzi talvolta le medicine stesse possono essere la causa della rottura dell’ equilibrio psicofisico già così precario. Fino ad oggi le uniche terapia che hanno mostrato una validità , per garantire una certa qualità di vita , sono quelle non farmacologiche prima fra tutte la socializzazione tra pari e non. Va da sé che in questo periodo questa è preclusa. Ogni giorno stiamo rischiando di perdere il rallentamento della malattia che avviene attraverso il costante esercizio di attività quali la musico terapia, la danza terapia, l’arte terapia, fondamentalmente l’esercizio del relazionarsi, se pur con difficoltà, con l’altro.

Osservo mio marito e lo percepisco così fragile nella sua inconsapevolezza di quello che sta accadendo. Le domande che mi pongo sono: quando passeggiamo nelle strade semideserte intorno casa, che effetto gli farà? Penserà che è ogni giorno sia domenica? A me viene in mente perché nei giorni di lavoro in quelle stesse strade c’è un notevole traffico di mezzi e persone. Ormai sono due mesi che non usiamo più la macchina per fare lunghi giri nella città , cosa che gli era gradita e che lo rilassava molto. Forse si chiederà dove sono finiti i miei familiari, gli amici, gli operatori che mi aiutavano a sentirmi ancora una persone? Talvolta mentre guarda la televisione sembra avere uno sguardo interessato alle persone in camice e mascherina, si ricorderà del mondo che gli era famigliare perché era il suo lavoro? Oppure osserva gli autorevoli politici o professori che pontificano a destra e a sinistra, è stato sempre molto critico nei loro confronti!

Nei vari piani di ripresa alla sedicente normalità ci sarà qualcuno che si ricorderà di questi malati ? Ci si chiederà come hanno fatto le famiglie a reggere l’impatto della gravosa assistenza di cui ogni giorno hanno bisogno? Si riuscirà a ripristinare le attività a loro necessarie? Si riuscirà almeno in parte a recuperare il tempo perduto?

Queste sono le domande che mi pongo ogni giorno, perché è da quando che questa malattia è entrata nelle nostre vite mi sembra di fare una corsa contro il tempo alla ricerca, non della cura, ma dell’assistenza migliore che possa prendersi cura della persona malata facendo in modo che la dignità personale sia sempre salvaguardata.


Luciana Della Rocca


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